Essere avvocati, tra etica professionale ed etica pubblica

Adriano Perica

Abstract


Essere avvocati ha anche a che fare con l'etica pubblica?
È
questo un interrogativo che spesso sfugge alle tematiche degli incontri
dell'avvocatura, circoscritti all'esame delle regole deontologiche codificate quando si
parla di morale professionale.
All'interno delle professioni legali resiste l'idea che la deo
ntologia racchiuda
interamente la sfera morale entro la quale si volge l'attività e che essa esaurisca negli
elementari doveri di correttezza e qualità nell'adempimento del mandato il compiuto
senso del nostro agire.
Da tale limitata visione, spesso emerge
nte dagli “interna corporis acta”, è derivata la
percezione che i cittadini hanno dell'avvocato, quale puro tecnico del diritto e, come
tale, ricercato esclusivamente per le sue abilità nel destreggiarsi nei meandri della
legge e degli uffici giudiziari, e sclusivamente a tutela del privato interesse del cliente.
Dobbiamo con franchezza dirci che questo è anche l'orientamento presente in ampia
parte della politica europea che pretende un avvocato assimilabile ad ogni altro
prestatore di servizi, al quale si chiede soprattutto il rispetto delle regole del mercato e
della concorrenza diretta a garantire la qualità del servizio al giusto prezzo per
l'efficienza del sistema economico.


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